Ci lascia il poeta Gian Piero Bona, autore de “Il soldato nudo”

Ci lascia il poeta Gian Piero Bona, autore de “Il soldato nudo”

Lo scorso 27 ottobre è morto Gian Piero Bona: romanziere, drammaturgo e, soprattutto, poeta. Ne ha parlato Claudio Finelli su Gaynews.it, riportando a sua volta le parole del poeta piemontese Gianluca Polastri: “era un uomo di un’altra epoca, un cultore dei versi di Rimbaud e Baudelaire, un grande estimatore di Cocteau, uno che amava parlare delle sue frequentazioni romane (era amico di Pertini) come se raccontasse di una sera passata a giocare a carte con gli amici. Non amava le tinte forti, almeno nella vita, perché in alcuni suoi libri è stato un autore che non ha rinunciato a toni più decisi, spesso come fuga dalla retorica perbenista del mondo che lo circondava”

Un grande intellettuale, schivo e riservato nei modi, ma chiaro e diretto nei contenuti narrativi e poetici. D’altronde, presentato al Premio Strega da Giovanni Comisso, esordì nel 1960 con un romanzo che suscitò scandalo, Il soldato nudo (1960), in cui si parla di omosessualità in ambiente militare. Tematica, questa, ripresa anche nel successivo I pantaloni d’oro (1969).

Giovanni Dell’Orto, recensendo anni fa per CulturaGay.it Il soldato nudo, che nel 1972 fu riedito da Longanesi, ricordava giustamente che, se i tempi fossero stati maturi, si sarebbe trattato di un’opera di “coming out”. Ma nel 1961 non era pensabile che una storia si concludesse con la presa di coscienza della propria omosessualità e il coming out vero e proprio. «E così il protagonista rimane a metà del guado – così l’insigne storico del movimento Lgbti+ italiano –, preda d’emozioni e turbamenti che non sa definire, ma che per i lettori dell’epoca, abituati per via della censura a badare alle minime sfumature e ai minimi segnali in codice, erano ben chiari, se non espliciti.”

Fra i primi libri di poesia vanno ricordati Il liuto pellegrino (1960) ed Eros Anteros (1962), in cui si inserisce una certa sensualità tra i versi.  Nel 2005, per la pubblicazione della silloge Canzonette priapee, Francesco Gnerre, studioso di riferimento della letteratura gay italiana, intervistò Bona che, a proposito dell’omoerotismo prorompente dai versi composti alla soglia degli ottant’anni, rispose che era stata proprio la vecchiaia incipiente e l’approssimarsi del “volo”, cioè della morte, a suggerirgli di buttar via la zavorra fatta di ipocrisie, silenzi e falsi pudori.

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