50 anni da Stonewall: il primo Pride in un “locale gay”

50 anni da Stonewall: il primo Pride in un “locale gay”

Quest’anno ricorrono i 50 anni da Stonewall,

che diedero vita nel 1969 al movimento di liberazione e alla conquista ancora parziale di quei riconoscimenti sociali che oggi conosciamo. Quella sera, ricordata come il primo Pride,  trans, gay, lesbiche e travestite sfidarono i soprusi della polizia in un bar chiamato Stonewall Inn a New York (oggi patrimonio nazionale), in un’epoca in cui l’omosessualità era reato ed era vietato vestire i panni del genere opposto. Di pochi giorni fa la notizia secondo la quale il sindaco di New York De Blasio dedicherà un monumento alle attiviste che guidarono la rivolta, Marsha P. Johnson e Sylvia Rivera. 

Tutto viene da un “locale gay”

Inizia oggi il mese dedicato alla manifestazione più importante dell’orgoglio gay, lesbico, bisex, trans e intersex. Anche ARCO parteciperà alla speciale Onda Pride che si svolge quest’anno in Italia, per un motivo molto semplice: il primo Pride a Stonewall partì da quello che comunemente si definisce un “locale gay”. A testimonianza del fatto che i luoghi di ritrovo della comunità LGBTI, oggi in gran parte riuniti nella rete ARCO, hanno sempre costituito uno spazio fondamentale per “accettarsi”, scoprirsi, conoscersi, venir fuori e infine lottare. 

Le origini

Molte persone ancora oggi, anche tra la collettività LGBTI, si interrogano sul carattere “esibizionista” ed “eccessivo”  del Pride. Bisogna ricordare che il Gay Pride (come si chiamava in origine) non è mai stato solamente una manifestazione per la parità dei diritti, quasi fosse un movimento sindacale corporativo.

Senza mettere in discussione una certa idea di sessualità e di moralità e senza tutto quell’esibizionismo, la situazione non sarebbe mai cambiata e oggi non avremo nemmeno la possibilità di essere qui a scrivere di Pride, tenere aperti i nostri circoli o anche solo avere quel compagno con cui viviamo “riservatissimi” e tra le mura di casa. Perché quella stessa persona magari avrebbe sposato una donna per un obbligo sociale, come è avvenuto per secoli.

Il Pride è una manifestazione per un cambio della mentalità e del senso comune. Il Pride è una festa di libertà, del desiderio e della corporeità. E‘ rovesciamento dell’ipocrisia e dei luoghi comuni che ci dicono cosa è “uomo” e cosa è “donna”. E’ liberazione della sessualità.

Spesso sentiamo dire che si tratta di una carnevalata. E’ un elemento indispensabile anche quello. Il Carnevale è la festa più antica in cui il popolo prende in giro il potere, senza che nessuno possa offendersi. Il Pride nasce contro un modello di società in cui il potere decide chi è normale e chi no, cosa è morale e cosa no.

Una rivoluzione da completare 

Prima del Pride l’unica via maestra erano matrimonio eterosessuale e figli. La sessualità era un “male” necessario per raggiungere questo scopo. Adesso grazie al Pride, insieme ai movimenti per le donne, le cose stanno cambiando. Resta ancora molto da fare: nel mondo ancora 68 Paesi criminalizzano l’omosessualità e nel nostro Paese si sono registrati 187 casi di cronaca di omofobia nell’ultimo anno  (+30%)  e un aumento anche delle persone trans uccise.

Per tutto questo, il Pride non rivendica parità dei diritti ma piuttosto nuovi diritti di libertà per tutti e tutte. 

 

La redazione

(Nella foto i circoli ARCO di Padova al Pride del 1 giugno 2019) 

 

 

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