La legge in Emilia Romagna sulla Omotransnegatività
Continua il lungo iter del progetto di legge contro le discriminazioni da orientamento sessuale e identità di genere in una regione, quale l’Emilia-Romagna, considerata una roccaforte storica della sinistra. E, come commenta Gaynews, “a fare e disfare l’ordito, come una Penelope dei nostri giorni fronteggiante i nemici in casa propria”, un Pd che, pur essendo partito di maggioranza nella Giunta Bonaccini e avendo ampiamente i numeri per approvare il pdl, continua ad apportare impedimenti e frenate in nome di una «piena condivisione del testo».
La cancellazione del termine
Riprova ne è la cancellazione del termine ‘omotransnegatività‘ dalla stessa denominazione della legge, che Roberta Mori, presidente della Comimissione Pari Opportunità e relatrice di maggioranza in relazione al pdl, ha annunciato il 13 marzo. In linea con le posizioni più prudenti assunte sulla questione, Mori ha spiegato in marzo come «non ci debbano essere elementi d’ambiguità che mettono a rischio il provvedimento o aprano la strada a ricorsi».
La differenza con il termine omofobia
Nonostante il termine sembri poco chiaro, tanto da suscitare l’obiezione di possibili ricorsi, la questione è materia chiare in ambito psicologico. Omotransnegatività è stato coniato a partire da omonegatività, per includere anche le persone transgender.
Tale termine viene generalmente preferito dalla comunità scientifica internazionale al termine “omofobia” come si spiega in questa pagina informativa dell’Istituto Beck., che cità anche gli studi in merito. Il termine omofobia, già di per sé etimologicamente ambiguo, si concentra troppo sul significato di “fobico”: non necessariamente le persone con alta omonegatività provano paura, repulsione e/o disgusto verso le persone omosessuali. E’ anzi spesso vero il contrario.
Il contrasto degli stereotipi
Con “omonegatività” si include quindi anche l’aspetto cognitivo e sociale degli atteggiamenti negativi e non solo l’aspetto emotivo. L’omonegatività si fonda infatti sull’ assenza di conoscenza, sulla mancanza di attitudini e capacità inclusive, su dinamiche sociali e di gruppo che tendono a escludere chi è considerato diverso. Da qui la necessità di leggi regionali che valorizzino le competenze delle regioni in materia di istruzione, sanità e welfare per contrastare nel concreto il pregiudizio e prevenire le discriminazioni.
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